Negli ultimi anni il sistema dei servizi è attraversato da tendenze divergenti in cui i vari sussulti positivi sono spesso vanificati da frenate, retromarce, … Lo scenario complessivo dei servizi sociali per i minori e la famiglia (e dei servizi sociali in genere) si mostra a macchia di leopardo. Spostandosi anche di pochi chilometri si passa da zone di eccellenza, in cui i diritti sociali sono effettivamente tutelati a zone di deserto totale, segno di quella inefficienza, inefficacia e iniquità di cui parlano Donati e Colozzi (1).
La rete, di cui tanto parlano la legge 328/00 e le varie norme e indicazioni nazionali e regionali degli ultimi anni, appare smagliata, sfilacciata, spesso incapace di trattenere/accogliere/tutelare. Se il sistema non funziona, se la rete è slabbrata, gli operatori sociali finiscono con l’essere anch’essi inaffidabili. Un’inaffidabilità che scaturisce non da incompetenza ma dalla solitudine professionale e dalla mancanza di strumenti sistemici di intervento. Il documento introduttivo di un convegno realizzato dal CISMAI (2) nel dicembre 2012 parla del “pianto dell’operatore” nel far riferimento alla solitudine professionale che soggiace a molta parte del lavoro e delle decisioni (spesso difficili e connesse a bisogni complessi e contrastanti) cui gli operatori sociali sono costretti. Si tratta di una solitudine multifattoriale: insufficienza degli organici (3), precarizzazione contrattuale degli operatori sociali, scarsa integrazione istituzionale, …
(1) Colozzi I., 2005, La sussidiarietà nelle politiche sociali, in Donati P., Colozzi I., (a cura di), La Sussidiarietà. Che cos’è e come funziona, Carocci Editore, Roma.
(2) CISMAI – Coordinamento Italiano dei Servizi per il Maltrattamento e l’abuso all’infanzia. Il convegno è stato promosso dal CISMAI Campania ed ha avuto luogo a Pagani (SA) il 5 dicembre 2011.
(3) Il CISMAI, riunito a Taormina nel 2009 per gli stati generali del maltrattamento all’infanzia denunciava come «il sistema di prevenzione e protezione dei bambini (…) sia gestito da un numero del tutto insufficiente di operatori» il che «rende i pochi operatori più vulnerabili nella gestione, spesso solitaria, di tantissimi casi» (citazione tratta da Italia agli ultimi posti per professioni sociali di cura e tutela dell’infanzia, Redattore Sociale Minori, 18.06.2009).
SPUNTI PER IL CONFRONTO
Il numero di “casi” presi in carico, permette agli operatori sociali di svolgere in modo adeguato il loro ruolo. Quanto tempo gli operatori sociali possono dedicare a ciascuno dei “casi” di loro competenza?
Il carico di lavoro e il numero e la tipologia degli operatori permettono di svolgere in modo adeguato il lavoro d’équipe sui casi?
Quanti sono gli operatori sociali che operano nei servizi pubblici in virtù di un contratto di collaborazione a progetto, per sua intrinseca natura precario? Quanto la discontinuità degli incarichi e l’elevato turn over degli operatori impediscono la costruzione di quella sintonia relazionale, conoscitiva, concettuale, metodologica, procedurale, … che funge da premessa necessaria affinché la collaborazione tra operatori abbia luogo?
Il sistema di protezione dell’infanzia e della famiglia, complesso, multi-disciplinare ed inter-istituzionale, soffre di forti difficoltà di integrazione, a vari livelli.
Quali sono le difficoltà di integrazione istituzionale ed economica tra i diversi enti in gioco?
Con quali accortezze si potrebbe ridurre la solitudine degli operatori sociali? Una risposta adeguata potrebbe essere l’istituzione, nei Servizi, di gruppi di condivisione e accoglimento dei vissuti emotivi?