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1) DEONTOLOGIA PROFESSIONALE IN MATERIA DI ALLONTANAMENTI

MessaggioInviato: 24/04/2015, 8:09
da MARCO GIORDANO


TRA DATI E TIMORI
Riportiamo di seguito uno stralcio del documento del Tavolo Nazionale Affido sui minori in affidamento e in comunità (al 31.12.2012). «Paragonando i dati del 2012 con quelli degli anni precedenti emerge la progressiva contrazione del numero totale dei minori fuori della propria famiglia. Erano 32.400 nel 2007, sono 28.449 nel 2012. In cinque anni si è dunque verificata una contrazione del 12%. Contrazione che interessa sia l'accoglienza in comunità, con un - 8% (corrispondente al passaggio dai 15.600 del 2007 ai 14.255 del 2012), che l'affidamento familiare, con - 16% (pari alla riduzione dai 16.800 del 2007 ai 14.194 del 2012). Il timore, già segnalato dal Tavolo Nazionale Affido nel commento ai dati degli anni precedenti, è che, laddove si tratti di variazioni reali (la frammentazione dei sistemi di monitoraggio e raccolta dei dati impedisce di dare a questo gap una fondatezza assoluta), la differenza indichi non già una auspicabile “riduzione del bisogno” (il che sarebbe indicativo di una maggiore capacità di prevenzione degli allontanamenti e di un migliore stato di salute delle famiglie di origine) bensì la ridotta capacità di intervento del sistema di tutela minorile, causata dalla progressiva contrazione delle risorse impiegate nel welfare. Questo sarebbe sintomatico di una inaccettabile e gravissima "mancanza di protezione" per un crescente numero di bambini e ragazzi. Scenario ancora più preoccupante in alcune regioni, quali la Campania, dove la riduzione nel quinquennio 2007-2012 è del 28% (con un passaggio da 2.820 a 2.024 minori totali fuori famiglia di origine), la Puglia, con un - 30% (dove si scende da 3.193 a 2.234 minori), e il Lazio, con - 32% (da 3.923 a 2.656 minori)».

Nel workshop vorremmo confrontarci in particolare sui seguenti punti:
• Quanto i timori segnalati dal Tavolo Nazionale Affido sono fondati?
• Qualora fossero fondati, quali sono le dinamiche che causano tali distorsioni? E come possono essere superate, sul piano deontologico ma anche tramite eventuali "soluzioni" metodologiche, organizzative, ...?


Re: 1) DEONTOLOGIA PROFESSIONALE IN MATERIA DI ALLONTANAMENT

MessaggioInviato: 04/05/2015, 6:23
da MARIANNA GIORDANO
A proposito del diritto ddel bambino alla famiglia e al punto del documento Promuovere l’affidamento familiare.Rilanciare a tutti i livelli, istituzionali e non, la promozione
dell’affidamento familiare, inteso come strumento che integra, senza sostituire, il ruolo delle figure genitoriali, assicurando ai minori adeguate cure, mantenimento, istruzione e relazioni affettive dove possibile, penso sia deontologicamnete corretto anche dirsi che in alciuni casi ...è necessario sostituire i genitori nella cura e nella riparazione dei danni subiti e nel costruire un progetto di vita per i bambini pur salvaguardando i legami residui con i genitori e con i fratelli

Re: 1) DEONTOLOGIA PROFESSIONALE IN MATERIA DI ALLONTANAMENT

MessaggioInviato: 07/05/2015, 4:16
da GENNARO IZZO
Dai numeri alla percezione
Dai dati risulta che, dal 2007 al 2012, si registra il 12% (in Campania ben il 28%) in meno di minori fuori della propria famiglia.
Le domande del Tavolo Nazionale Affido sorgono spontanee: i dati sono attendibili? Dipendono da una riduzione del bisogno oppure da una maggiore capacità di prevenzione? Derivano da una contrazione della capacità d’intervento, delle risorse, del sistema di protezione?
Agli operatori del Tavolo Nazionale Affido, ed ai loro timori, si aggiungono gli operatori dei Servizi, pubblici e privati.
“Noi” percepiamo ogni giorno la profonda mancanza di metodiche, di organizzazione, di modelli gestionali, nella realizzazione delle politiche e dei servizi socio-sanitari-educativi, la cui esistenza ed efficacia potrebbero realmente garantire il fatto che: “meno minori fuori dalla propria famiglia possa corrispondere a meno bambini e bambine che vivono seri disagi sociali, sanitari ed ambientali”.
Dalla forma alla sostanza, dalla responsabilità amministrativa all’intervento deontologicamente corretto
Gli operatori sociali, in particolare, devono e possono spostare il tiro del proprio intervento verso metodologie e modelli organizzativi dei Servizi che facciano riferimento al piano deontologico.
Prendendo anche spunto dai suggerimenti forniti dalle “Linee Guida per la regolazione dei processi di sostegno e allontanamento del minore” (a cura del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali), è possibile pensare ad un “Manifesto operativo” in cui sia gli operatori (dal Giudice al Tutor territoriale), sia le famiglie, possano individuare interventi deontologicamente corretti, distinguendoli da interventi “non corretti”?
L’intervento di ciascun operatore, soprattutto nei processi di allontanamento dei minori, deve lasciare traccia formale e sostanziale che risponda a domande concrete: cosa faccio, cosa ho fatto prima, cosa potevo fare, cosa si poteva/può fare, cosa è mancato/manca, chi deve garantirlo, come?

Re: 1) DEONTOLOGIA PROFESSIONALE IN MATERIA DI ALLONTANAMENT

MessaggioInviato: 07/05/2015, 4:18
da Giovanni Tagliaferri
Come Coordinamento Nazionale Comunità per i Minorenni (CNCM), concordiamo sulla necessità che sia riconosciuto il diritto alla propria famiglia per ogni minore, pertanto prima di tutto, proprio anche per superare interventi di categoria e settoriali, dovremmo concentrare ogni sforzo perché nel nostro paese si realizzino adeguate politiche per la famiglia, considerando che investimenti in questo ambito sono del tutto insufficienti. Chiaramente le politiche riguardano una riqualificazione dei servizi e di definizione dei liveas previsti dalla 328/00 di cui siamo ancora in attesa.
Chiaramente solo dopo questo tipo di intervento sarà possibile definire in maniera più congrua quando si rende necessario per un minorenne l’allontanamento dalla propria famiglia. I dati in Italia sono totalmente falsati, come già nel documento base viene evidenziato, infatti in paesi europei dove il welfare è più adeguato, vedi anche la Danimarca paese presentato in una nota trasmissione televisiva come modello di riferimento, si allontanano i minorenni in proporzione 7 volte di più che in Italia. Questo accade anche in Francia e in altri paesi come ampiamente rappresentato con le giornate 5Buone Ragioni.
La diminuzione di accoglienza in affido come in comunità non sono assolutamente dovute a un miglioramento della qualità degli interventi ma ad una diminuzione degli investimenti e anche l’impoverimento delle famiglie sicuramente può renderle meno disponibili all’accoglienza non essendoci appunto neanche certezza sugli aiuti economici e sul sostegno, questo ancor di più si risente nell’ambito dell’accoglienza di minorenni con disabilità, che già i genitori naturali in contesti sufficientemente adeguati, vivono con angoscia sia per la gestione quotidiana (scuola, servizi, integrazione etc.) sia pensando al “dopo di noi”.
In merito alla definizione degli interventi più adeguati da realizzare per un minorenni che necessiti di accoglienza alternativa alla propria famiglia riteniamo che l’aspetto della professionalità e della deontologia deve indirizzare gli operatori del settore. Cosa che preoccupa è il fatto che assai raramente gli operatori del settore in servizi pubblici abbiamo riconosciuta formazione e supervisione, cosa che invece le associazione del terzo settore realizzano faticosamente sia con sistemi di auto mutuo aiuto che con supervisione e formazione nelle comunità di accoglienza.
Questo produce a volte uno squilibrio tra i vari soggetti chiamati ad intervenire sui progetti. E’ sempre più necessario che l’interventi siano realizzati su basi scientifiche e meno ideologiche. Proprio per questo è preoccupante il dato crescente di presenze nelle comunità di minorenni provenienti da affidi e adozioni. Questo fa supporre che il più delle volte sia mancato una adeguata valutazione della capacità per bambini fortemente deprivati di riuscire a costruire legami affettivi. E’ chiaro che molti progetti avrebbero avuto maggior successo se ci fosse stato anche un adeguato sostegno.
Per questo è richiesta maggiore etica e maggiore professionalità nell’individuare il superiore interesse del minore che deve vedersi riconosciute eccezionali misure di intervento e cura qualora si debba rendere necessario l’allontanamento dalla famiglia, quindi non possono questi interventi dettati da problematiche economiche o orientamenti ideologici, cosi come l’affido che si presenta una misura complementare al collocamento in comunità e rappresentano una risorsa per quei minori che hanno serie difficoltà a creare legami significativi proprio perchè non ne hanno avuti. L'esperienza della comunità permette loro di poterli sperimentare e ripeterli nell'esperienza dell'affido o dell'adozione.
I molti minori ormai accolti che hanno anche esperienze di affidi falliti o adozioni fallite stanno a dimostrare purtroppo che a volte si vuole a qualunque costo offrire al minore dei rapporti talmente validi che però non riesce a sostenere e ciò non viene valutato in maniera adeguata.