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29/05/11

Adozione e affido, scelta d'amore


Una dimensione comunitaria che conduce all'apertura verso l'altro

Si è parlato di famiglia in questa settimana non solo preelettorale, che è partita da Salerno lunedì 9 maggio e si conclude domani in Toscana, a Nomadelfia (Gr). Un convegno itinerante che ha per titolo la "Settimana del diritto alla Famiglia": 25 i comuni interessati, otto le regioni italiane coinvolte, dalla Campania alla Toscana, dal Lazio alla Basilicata, passando per Sicilia e Lombardia, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige. Al centro dei convegni il tema "Famiglie insieme, promotrici di accoglienza", monito che pone l'accento sulla dimensione comunitaria che conduce all'apertura verso l'altro, verso i bambini e i ragazzi in difficoltà, che hanno il diritto di crescere e vivere in una dimensione domestica. Una reazione, forte, nei confronti dell'individualismo e della chiusura all'interno del proprio nucleo, unita quindi alla promozione di adozione e affido, strumenti che richiedono entrambi una grande pienezza d'amore. L'idea della "Settimana" nasce dal "Progetto Famiglia", una federazione di enti non profit operante in Italia e all'estero nel campo della tutela dei minori e delle famiglie, e tra gli altri è patrocinata dal Dipartimento della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei M inistri, dal Forum Nazionale delle Associazioni familiari e dalla Federazione italiana settimanali cattolici. Molteplici le ricorrenze su cui, in quest'occasione, si pone l'accento: dalla giornata internazionale al trentesimo anno dalla morte di don Zeno Saltini, fondatore della comunità di Nomadelfia e grande anticipatore dei percorsi di accoglienza familiare per i bambini; dal decimo anniversario dell'entrata in vigore della legge 149/01 che riformava affido familiare e adozione alla recente presentazione al Consiglio regionale della Campania di un'importante proposta di legge sulla tutela del diritto alla famiglia. L'apertura salernitana degli incontri ha visto l'intervento di numerose autorità e associazioni impegnate in prima persona su questi temi e, tra gli altri, quello di Tommaso di Nomadelfia, responsabile dell'accoglienza dei minori nella comunità fondata da don Zeno. Nelle giornate conclusive che giungeranno proprio in seno alla comunità grossetana, il 14 e 15 maggio, una delegazione di famiglie affidatarie provenienti da diversi luoghi d’Italia incontrerà i rappresentanti della comunità di Nomadelfia, antesignana dell’accoglienza familiare in Italia.

Maria Gallelli

Una prospettiva che fa bene al minore e fa risparmiare soldi allo Stato

A dieci anni dall'entrata in vigore della legge 149/2001 su affido e adozione, molte appaiono ancora le perplessità e i dubbi. Dai dati sull'affidamento familiare in Italia che emergono dalla Relazione sullo stato di attuazione della legge, presentata alla Camera il 1 settembre dell'anno scorso si rileva che, al 31.12.2007, le accoglienze di minori in famiglia, al netto degli affidamenti a parenti, sono state circa 8.300 contro i 15.600 bambini e ragazzi ospiti di strutture residenziali. Nonostante un trend di crescita rispetto agli anni precedenti, su un totale complessivo di circa 23.900 minori che vivono all’esterno del nucleo familiare allargato, meno del 35% è accolto presso una famiglia. Molte sono inoltre le differenze all'interno delle diverse aree regionali: in alcune zone del Centro-Sud si arriva a un rapporto tra minori in affido familiare e minori in comunità pari a 1 contro 5. Numeri sostanzialmente confermati dal più recente monitoraggio del Centro nazionale di documentazione per l'infanzia e l'adolescenza, aggiornato al marzo 2011, che ribadisce il trend di crescita complessivo, ma segnala ancora (al 31/12/2008) 11 909 minori presenti nei centri residenziali. Un paradosso che appare anche economico. I conti in tasca allo Stato vengono fatti nell'ambito dei convegni e degli incontri previsti all'interno della "Settimana della Famiglia", in corso fino a domenica. Cifre alla mano, la permanenza di un minore in una struttura residenziale costerebbe infatti alla pubblica amministrazione tra i 30 e i 40 mila euro l'anno, mentre il rimborso riconosciuto a una famiglia affidataria per coprire le spese sostenute per la cura del minore sarebbe in media pari a 4-5 mila euro annui. Alla luce della ovvia necessità di privilegiare, sempre, la soluzione più utile per il minore e non quella meno costosa, la questione posta appare tuttavia di notevole interesse, anche pratico. Altro importante tema oggetto di discussione è la necessità di rendere "esigibile" il diritto a crescere in una famiglia, principio di fatto subordinato dalla legge 149/2001 alle risorse finanziarie disponibili, alle quali è assoggettata l'applicazione della normativa. La legge in questione renderebbe perciò legittima la scelta degli enti locali di non reperire, formare e accompagnare famiglie disponibili ad accogliere bambini in difficoltà, qualora ci siano ristrettezze di bilancio: recente la presentazione, al Consiglio regionale della Campania, di una proposta di legge regionale mirante invece proprio a rendere certo ed esigibile il diritto dei minori a crescere in famiglia. Infine, argomento non trattato nell'ambito della relazione sullo stato di attuazione della legge, ma di importanza notevole per sostenere il disagio e le difficoltà dei ragazzi è l'incremento delle pratiche di affidamento part time, possibilità prevista da molti regolamenti regionali: aiutare un bambino o un ragazzo per alcuni pomeriggi a settimana può essere meno "difficile" rispetto all'affido familiare e alla portata di un maggior numero di famiglie. A patto che di ciò si parli e a ciò si venga formati. Mancano le cifre sul fenomeno, ma da una recente indagine campana emerge come questa sia una soluzione troppo poco applicata: in Campania si attua solo nell'8% dei servizi affidi pubblici.

Maria Gallelli

Tommaso di Nomadelfia: "Una medicina contro l'individualismo".

L'affido familiare è soprattutto un'esperienza di donazione, di sostegno a chi è in difficoltà, ma diventa anche una grande fonte di arricchimento per sé stessi e per l'intera famiglia. Nella comunità di Nomadelfia, fondata da don Zeno Saltini, l'accoglienza di minori è stata, da sempre, un vero e proprio stile di vita, nutrito dalla dimensione comunitaria. Tommaso, responsabile dell'accoglienza dei minori, racconta la sua esperienza pluriennale: «Mi occupo di quest'attività da quarant'anni, da quando sono entrato a Nomadelfia. Adesso i minori che accogliamo sono 16, in più ci sono maggiorenni in situazioni di disagio. Già molti anni fa don Zeno è stato un precursore: aveva intuito, prima di ogni legge, la necessità, per ogni ragazzo, di crescere in una dimensione familiare. Da ciò la nascità della "mamme di vocazione": modo particolare di vivere la maternità, diversa da quella di sangue, ma propria del bisogno umano, affettivo». Sono circa cinquanta le famiglie che oggi vivono a Nomadelfia, in comunione fraterna. «La dimensione comunitaria è importante nell'affido, così come la rete di relazioni, la condivisione: spesso è proprio la solitudine che scoraggia le famiglie». L'affido viene visto nell'ottica non solo del bambino, ma anche dei genitori, spesso vittime di una vita sofferta. «Ricordo il caso di un padre che al termine dell'affido ha ripreso in casa la sua bambina, e continuava a ripetere che ce la stava mettendo tutta per darle ciò di cui lei aveva bisogno. Si era speso così tanto, nonostante le sue difficoltà, che poco dopo fu trovato morto. È una storia difficile da dimenticare». Occorre preservare i rapporti, essere consapevoli che si tratta di un'esperienza momentanea: «Mai parlare male dei genitori naturali e conservarne nel bambino un'immagine protetta. A volte è difficile la collaborazione, gli sforzi fatti per dare le regole, per far passare un messaggio di sobrietà contrario al consumismo esasperato che incombe vengono vanificati da un incontro». Ma non bisogna scoraggiarsi e confidare invece, soprattutto, nella rete: «Un figlio che bussa alla nostra porta diventa figlio per sempre, per tutti. Non è più tempo di agire da soli: occorre lanciare una sfida comune, contro le forze digregatrici che coltivano l'individualismo e lacerano il tessuto del nostro Paese».

Maria Gallelli

Nomadelfia, dove la profezia è di casa

Nomadelfia, che dal greco significa Dove la fraternità è legge, è stata fondata dal sacerdote di origini modenesi don Zeno Saltini, nato a Fossoli di Carpi (Mo) il 30 agosto 1900. La data di fondazione può farsi risalire al 1931, quando don Zeno celebra la sua prima M essa nel duomo di Carpi e all'altare, come diventerà consuetudine negli anni seguenti, prende come figlio un ragazzo di 17 anni appena uscito dal carcere di nome Danilo. Il desiderio del giovane Zeno - che fin da giovane sente le ingiustizie sociali e le incoerenze dei cristiani come contrarie al Vangelo e quindi con una vita precente all'entrata in seminario molto impegnata nell'associazionismo cattolico e segnata da una laurea in legge - è quello di cambiare civiltà e, a partire dal 1941 con Irene, la prima "mamma di vocazione", accoglie prima a Fossoli e poi, dal 1952 a Nomadelfia (Grosseto), in un terreno donato all'Opera Piccoli Apostoli (così si chiamò all'inizio l'opera) da Maria Giovanna Albertoni Pirelli, bambini e ragazzi abbandonati a seguito della guerra e di situazioni familiari disagiate. Nomadelfia, che vedrà il fondatore costretto nel 1953 a chiedere al Papa la laicizzazione Pro Gratia anche a causa dei grossi debiti contratti, crescerà in maniera esponenziale nei decenni seguenti e conta oggi 270 membri. Per lo Stato è un'associazione civile, per la Chiesa una parrocchia e un'associazione privata tra fedeli. A Nomadelfia non circola denaro, ognuno fornisce il suo apporto alla vita della comunità e utilizza solo i beni necessari al suo sostentamento e a quello della sua famiglia.

Stefano Stimamiglio

(FAMIGLIA CRISTIANA ONLINE)

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