1. DISTINZIONE TRA AFFIDO E ADOZIONE

Affidamenti di lunga durata e affidamenti sine die; distinzione tra affido e adozione, adozione in casi particolari e adozione mite; l’asincronia tra i tempi-procedura della giustizia e i tempi-vissuto dei bambini; aspetti psico-sociali e giuridici della prognosi di non transitorietà delle situazioni di abbandono morale e materiale.

ESPERTI COINVOLTI: Piero Avallone, Tribunale per i minorenni di Napoli; Gilda Biffa, Tribunale per i minorenni di Roma; Cristina Riccardi, Associazione Ai.Bi. – Amici dei Bambini; Alda Vanoni, Associazione Famiglie per l’Accoglienza; Donata Nova Micucci, ANFAA - Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie; Mariano Iavarone, Associazione Progetto Famiglia Napoli; ...

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1. DISTINZIONE TRA AFFIDO E ADOZIONE

Messaggioda Progetto Famiglia, coordinamento del FORUM AFFIDO online » 09/03/2013, 6:17

Nel documento “Dieci punti per rilanciare l’affidamento familiare in Italia”, pubblicato il 22 ottobre 2010 dal Tavolo Nazionale Affido, si legge: «9. CHIAREZZA E DURATA. Occorre tenere ben distinte le diverse finalità dell’affidamento familiare e dell’adozione dei minori, superando improprie commistioni e confusioni, regolamentando bene le adozioni in casi particolari, sviluppando con le istituzioni preposte (Regioni, enti locali, magistratura minorile, …) condivise modalità di intervento nei casi di affidamenti ad esito incerto, …» (1).
Questa breve e densa affermazione, sottoscritta dalle principali associazioni e reti di famiglie affidatarie d’Italia, tenta di fare chiarezza in un panorama frastagliato ed in costante movimento in cui vari elementi sembrano assottigliare i confini tra adozione e affidamento familiare. Se ne citano, per brevità, solo alcuni:
- la Petizione al Parlamento Italiano “Diritto ai sentimenti peri i bambini in affido” presentata dall’Associazione “La Gabbianella e gli altri animali” il 13 maggio 2010 (2);
- la sentenza emessa il 27 aprile 2010 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (3);
- le proposte di legge presentate negli ultimi anni presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati (4).
Questi ed altri elementi si collocano in un orizzonte magmatico, nel quale la condivisa attenzione alla tutela della continuità degli affetti dei minori in affido (5) e il giusto sforzo di offrire risposte di accoglienza ai tanti e diversi casi di bambini e ragazzi a rischio di abbandono, finiscono talvolta con il fare da sponda a più o meno celati tentativi di aprire pericolosi varchi tra l’istituto dell’adozione e quello dell’affidamento familiare. Non a caso ad inizio 2013 l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con il convegno “Terra di confine tra affido e adozione: questioni aperte” ha deciso di affrontare il tema, in particolare con una ricognizione sulla “adozione mite” e sulla sperimentazione che il Tribunale per i Minorenni di Bari ne ha fatto dal 2003 al 2008 (6).

(1) Il testo completo del documento “Dieci punti per rilanciare l’affidamento familiare in Italia” è disponibile alla pagina “documenti” del sito http://www.tavolonazionaleaffido.it.
(2) Approfondimenti sul sito http://www.lagabbianella.org.
(3) Affaire Moretti et Benedetti c. Italie (requête n° 16318/07). La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ravvisato nel caso sottopostole - riguardante, la complessa vicenda di un minore affidato dichiarato adottabile e adottato da un’altra famiglia, nonostante la disponibilità espressa dagli affidatari - la violazione dell’articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il testo della decisione è consultabile, tra gli altri, in http:// http://www.anptes.org/cedu.
(4) Proposte di modifica della legge 184/83 e ss.mm.: AC 3459 VASSALLO-PES; AC 3854 SAVINO e altri; AC 4077 MOTTA e altri; AC 4279 LUPI-SCALERA).
(5) Sul tema si suggerisce la lettura del documento del Tavolo Nazionale Affido “La tutela della continuità degli affetti dei minori in affido”, del 28 giugno 2012, disponibile alla pagina “documenti” del sito http://www.tavolonazionaleaffido.it.
(6) Convegno promosso il 15 marzo 2013 dalla Provincia di Milano e dall’Alta Scuola di Psicologia “Agostino Gemelli” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.


SPUNTI PER IL CONFRONTO
Nel documento del Tavolo Nazionale Affido sulla continuità degli affetti, si afferma che qualora un minore in affidamento divenga adottabile andrebbe favorita la permanenza nella famiglia in cui egli già si trova solo e soltanto se «siano rispettate le seguenti condizioni: a) che il rapporto creatosi tra il minore e gli affidatari sia significativo, stabile, duraturo; b) che gli affidatari siano disponibili ad adottarlo (occorre sostenere il delicato discernimento che gli affidatari sono chiamati a fare, rifuggendo ogni pressione che ne condizioni la scelta); c) che gli affidatari siano in possesso dei requisiti per l’adozione».
Riteniamo questi tre “paletti” necessari per custodire la distinzione tra affido e adozione? E sufficienti?
Queste ipotesi sono estendibili anche al caso dell’adozione del minore da parte della famiglia residente in comunità?
La pregressa conoscenza della famiglia di origine dell’affidato da parte degli affidatari costituisce ostacolo all’adozione da parte degli stessi affidatari?
Progetto Famiglia, coordinamento del FORUM AFFIDO online
 
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Re: 1. DISTINZIONE TRA AFFIDO E ADOZIONE

Messaggioda LORUENA PIGNATIELLO » 22/03/2013, 16:34

Sono essenziali le tre condizioni,ma mi soffermerei sul punto B,ovvero la famiglia affidataria deve fare un discernimento attento sulla decisione che si appresta a prendere con tutti i membri della famiglia,soprattutto con i figli naturali se ci sono, riprendere le motivazioni che li hanno spinti all'affido ed elaborare,ripercorrendo le fasi di tutto il processo di affido e rendersi così più consapevole della decisione importante che si trova ad affrontare; non è automatico o dovuto il passaggio da un affido lungo per esempio all'adozione, purtroppo questo è un rischio per la famiglia affidataria se non è seguita dal punto di vista psicologico.
Ci sono famiglie anche senza figli che possono fare affido? A me è capitato e qui bisogna stare attenti nella valutazione della motivazione: coppie sposate da poco e grandi di età, quindi con nessuna possibilità di avere più figli, possono avere il desiderio e del tempo a disposizione per accogliere e magari per assicurare un futuro sicuro a questi minori: può essere una motivazione da valutare e pensare confrontandosi con operatori e professionisti oppure coppie che si sono trovati a un passo dall'adozione ma poi non sono stati più contattati, mah direi che l'affido non può essere una sostituzione all'adozione!
LORUENA PIGNATIELLO
 
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Re: 1. DISTINZIONE TRA AFFIDO E ADOZIONE

Messaggioda ALDA VANONI » 23/03/2013, 23:45

La caratteristica dell’affido, che lo distingue dall’adozione, è il rispetto e il tendenziale recupero del rapporto tra il minore e la sua famiglia d’origine. La legge del 1983 formulava questo concetto dicendo che “l’affidatario deve agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori e favorirne il reinserimento nella famiglia di origine” (art. 5 comma 3 legge 184/1983). La riforma del 2001 (legge 149 del 28.3.2001) ha perso questa chiara indicazione, ma richiede che il provvedimento giudiziario indichi “le modalità attraverso le quali i genitori e gli atri componenti del nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore”, individua il “recupero della famiglia d’origine” come parametro per determinare la durata dell’affidamento (art. 4), e prescrive al servizio sociale (art. 5) di agevolare “i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore.” Il mantenimento, ed anzi il miglioramento, del rapporto con la famiglia d’origine è dunque un pilastro dell’istituto dell’affidamento familiare.
Su questo fondamento, il tema dei c.d. affidi a rischio giuridico è del tutto estraneo a un discorso sull’affidamento familiare, e a mio parere è fuorviante trattarlo in questo contesto. Al di là di una identità lessicale, dovuta alla scarsa precisione terminologica dei magistrati e dei servizi, si tratta di situazioni profondamente diverse. Il c.d. affidamento a rischio giuridico è disposto all’interno di una procedura di adottabilità, e consiste in un provvedimento di collocamento provvisorio del minore in attesa della definitività del provvedimento di adottabilità. Nella procedura di adottabilità il giudice può – deve – prendere gli opportuni provvedimenti a tutela del minore, e il collocamento in una famiglia diversa dalla sua d’origine rientra in quest’ottica. Nell’esercizio della sua prudente discrezionalità, il giudice può ritenere opportuno evitare al bambino troppi passaggi, ed individuare tra le famiglie che hanno dato la disponibilità all’adozione la possibilità di un buon collocamento, con la previsione, comunicata alla famiglia collocataria, di trasformare il collocamento in affidamento preadottivo ove la adottabilità divenisse definitiva – e, ovvio, l’inserimento del bambino risultasse positivo. E’ chiaro che in siffatta situazione non c’è, per definizione, alcun rapporto con la famiglia d’origine, e si è dunque al di fuori di un’ipotesi di affidamento familiare.
Mi sembra inutile, quindi, ed anzi confusivo, un approfondimento sulla disponibilità che si chiede alla famiglia, e sulla lungaggine dei giudizi (stereotipo diffuso tra chi guarda dal di fuori la giustizia in generale e quella minorile in particolare).
ALDA VANONI
 
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Re: 1. DISTINZIONE TRA AFFIDO E ADOZIONE

Messaggioda CRISTINA RICCARDI » 30/04/2013, 8:18

La legge è chiara nella distinzione tra adozione e affido (anche nel definire l’affido preadottivo): diversi obiettivi e diverse modalità attuative.
Sono anche assolutamente condivisibili le tre condizioni che il Tavolo Nazionale Affido ha posto all’eventuale passaggio dall’accoglienza affidataria di un minore a quella adottiva; si concentrano, non tanto sui limiti legali di tale eventuale passaggio, quanto sulla relazione tra i soggetti principali di un evento di questo tipo: il bambino e la famiglia affidataria. Solo la cura nell’approfondimento del tipo di legame tra i due soggetti può permette di tutelare sempre e comunque il benessere del bambino. La pregressa conoscenza tra le famiglie può essere un problema se la relazione tra queste è stata tale da far anche solo sospettare che possano esserci, ad adozione conclusa, effetti sul bambino. Se si giunge all’adozione è probabile che la situazione, che ha condotto all’affido, della famiglia d’origine fosse tale per cui anche i rapporti tra questa e la famiglia affidataria siano stati contenuti allo stretto necessario. Comunque sia, la valutazione della non particolare “pericolosità” della conoscenza tra le due famiglie deve essere valutata dai servizi sociali e dal Tribunale, naturalmente ancor prima di proporre alla famiglia affidataria l’adozione.
Credo però che il problema sia ad un altro livello. Facendo molti incontri informativi risulta particolarmente evidente come molti arrivino a pensare all’accoglienza affidataria a partire da un mancata soddisfazione del desiderio di essere genitori. La legge indica come preferibili le coppie con figli per tale esperienza, ma spesso anche persone singole o coppie senza figli si dimostrano validissimi genitori affidatari. Sono persone che, a prescindere dalla loro situazione, hanno ben chiaro che il figlio che accoglieranno non sarà mai loro e che l’obiettivo è il recupero della famiglia per il rientro, anche negli affidi molto lunghi.
Ma molte coppie dichiarano apertamente di essere reduci da un iter per l’idoneità all’adozione non andato a buon fine o di non avere i requisiti per fare domanda, alcune dicono che per l’affido i tempi sono più brevi rispetto all’adozione e altro ancora. Alla base del proporsi, c’è la consapevolezza del fatto che ormai l’affido è in moltissimi casi a tempo indeterminato e una non conoscenza delle profonde diversità relazionali tra adulto e bambino che le due esperienze richiedono.
Occorre lavorare molto per una corretta sensibilizzazione delle famiglie all’accoglienza affidataria e una particolare attenzione va rivolta alla formazione perché coppie e persone singole possano fare un sincero percorso di discernimento.
Giusto raccomandare agli operatori la tutela della continuità degli affetti, ma forse occorre ancor più riportare l’affido a strumento preventivo dell’allontanamento definitivo dalle famiglie dei bambini. Questo genererebbe meno confusione.
CRISTINA RICCARDI
 
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Re: 1. DISTINZIONE TRA AFFIDO E ADOZIONE

Messaggioda Pierangela Rocchi » 16/05/2013, 19:51

Molti degli affidi della nostra realtà sono sine die. Genitori non recuperabili, o con valutazioni parzialmente positive, ma non in grado di riaccogliere i propri figli in casa, spesso non meno di due. Pertanto i bambini vengono avviati a percorsi di affido sine die, con la possibilità di mantenere un legame con qualcuno della famiglia di origine.
La maggior parte delle adozioni oggi sono miti, con la possibilità di un qualche legame con la famiglia di origine, o un fratello, nonni ecc. Inoltre i bambini sono spesso grandi e con legami forti con le famiglie di origine. Molte adozioni vanno male, i bambini cercano le famiglie naturali, ed i genitori adottivi si sentono traditi, davanti alla promessa di avere finalmente un figlio proprio, con tanto di cognome.
Dal mio canto si somigliano, nella pratica dei nostri servizi e tribunali, per niente nei riferimenti legislativi, che tutti abbiamo appreso e provato a rispettare, ma applicato con difficoltà trovandoci quasi mai a poter decidere così chiaramente tra l uno e l altro.
Pierangela Rocchi
 
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