Accompagnamento all'autonomia delle neomaggiorenni in uscita

Accompagnamento all'autonomia delle neomaggiorenni in uscita

Messaggioda Federico Zullo » 16/03/2016, 10:05

Le ragazze o giovani donne madri accolte in comunità mamma-bambino presentano un alto tasso di problematiche familiari vissute nella famiglia d’origine: assenza di uno o entrambi i genitori; ambienti familiari disfunzionali e degradati; violenze e abusi intra-familiari subiti; trascuratezza e basso livello culturale.
Studi e ricerche sono piuttosto diffuse negli Stati Uniti, mentre molto frammentari sono i dati a disposizione nel nostro Paese.
Alcuni studi effettuati su madri accolte in comunità con bambino hanno dimostrato che un quarto di esse su 69 casi studiati avrebbe avuto precedente esperienza di abusi sessuali e/o fisici subiti durante l’infanzia e/o l’adolescenza (Rowe, Fischer 2010).
Non di rado le ragazze che hanno una gravidanza da giovanissime sono a loro volta figlie di madri che hanno avuto una gravidanza in età precoce (Cfr. Charbonneau et coll., 1989, in Cardinal Remete, 1999; Morazin, 1991.)
Nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati a disposizione (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali al 31 Dicembre 2012; Istat al 31 Dicembre 2013; Autorità Garante Nazionale Infanzia e Adolescenza al 31 dicembre 2014), il numero dei minorenni accolti in comunità insieme alla madre si aggira intorno alle 2500/3000 unità.
Dai dati pervenuti attraverso un sondaggio campionario da me somministrato a 18 comunità mamma-bambino distribuite equamente tra nord, centro e sud Italia è possibile fare alcune considerazioni (senza però poter essere del tutto statisticamente rappresentativi)
Al Sud e nelle Isole risulta che circa il 25% delle mamme inserite nelle comunità per madre bambino ha avuto un passaggio in comunità o in affidamento familiare da minorenne.
Tale dato è di circa il 15% nelle regioni centrali e del 5% in quelle del Nord.
Ciò può permetterci di inferire che più ci si avvicina all’area meridionale del Paese maggiori sono le probabilità che una mamma accolta in comunità con il/i proprio/i figlio/i sia stata accolta in comunità o in affido familiare durante la minore età. Ciò è in sintonia con i dati relativi alle genitorialità precoci, le quali sono ugualmente più alte al Sud Italia rispetto al Nord (in Italia circa l’1% delle gravidanze è di madri minorenni, geograficamente invece, si riscontra un 0,2% al nord e un 3% al Sud, nel napoletano la percentuale sale addirittura al 7%; dati Istat, 2012).
Nonostante l’esperienza della maternità sia un evento speciale nella vita di una donna, nel caso delle ragazze-madri , a causa della loro giovane età, sono esposte a maggiori disagi nell’arco della loro vita. Dal punto di vista sociale e professionale, le ragazze madri sono svantaggiate in quanto trovano lavoro più difficilmente degli altri, anche perché spesso abbandonano gli studi e il loro progetto di vita. Quasi sempre le ragazze madri hanno alle spalle background familiari difficili, il 90% sono a loro volta figlie di ragazze madri, spesso una figura paterna è assente, hanno un livello basso di scolarità e raramente provengono da famiglie benestanti .
Alla luce dei dati (pur campionari) raccolti e dalle riflessioni emerse è ora possibile fare alcune considerazioni alle quali far seguire delle domande su cui interrogarsi:
- il considerevole numero di donne che approdano nell’accoglienza madre-bambino e che hanno avuto un precedente percorso di accoglienza fuori dalla loro famiglia durante la minore età rende evidente un non del tutto positivo esito del percorso di tutela, in particolare interroga sulle azioni e pratiche di accompagnamento all’autonomia e sui processi di elaborazione della propria storia, probabilmente carenti e poco risolutivi;
- sembra esserci una sorta di “recidiva”, per cui il fenomeno dell’allontanamento e del conseguente trascorso in comunità, casa famiglia o affido familiare “costruisce” una rappresentazione di sé e dei propri vissuti tale da indurre a considerare sé stesse come “utenti”, “istituzionalizzate”, incapaci di intraprendere un percorso di vita autonomo e antitetico alle esperienze biografiche disfunzionali sperimentate;
- in molti casi, si assiste a fenomeni di genitorialità precoce, spesso al sopraggiungere della maggiore età: la gravidanza come “strumento” per assicurarsi un perdurare dell’assistenza e della protezione.

Sorgono pertanto alcuni quesiti, da sottoporre e sui quali favorire la riflessione nel forum e durante il convegno di Pompei:
1. quali sono le cause della “recidiva” dell’accoglienza? Come è possibile fare “prevenzione”?
2. l’accoglienza residenziale e familiare per ritenersi efficace non dovrebbe forse sostenere in modo più significativo i processi di autonomia e di emancipazione personale delle adolescenti accolte?
3. come il sistema può favorire tali processi? L’affidamento familiare da maggiori garanzie su questo? Oppure, aldilà del tipo di accoglienza, è il processo di rielaborazione personale ed educativo che può favorire la promozione dell’autonomia?
4. alla luce di tali sollecitazioni, per le ragazze e donne accolte nelle comunità mamma-bambino quanto può essere significativo lavorare sull’autonomia e sulla ricerca di risposte concrete, capaci di sollecitare in loro immagini positive di futuro?
Federico Zullo
 
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