Introdurre l'obbligo della supervisione degli operatori delle comunità.
L’accoglienza di un bambino in comunità si sintonizza sempre con specifici vissuti ed esperienze relazionali ed emotive degli adulti di riferimento, siano essi famiglie e/o operatori (residenti o turnanti). Emergono vissuti, modelli operativi e giochi relazionali, complessi e non predicibili, che necessitano di una “lettura nel qui ed ora dell’incontro”, sia inteso come spazio relazionale uno ad uno, che sistemico, tali da richiedere incontri periodici di supervisione psicoemotiva agli operatori, finalizzata alla gestione delle dinamiche transferali e controtransferali.
Ma è forte anche l’esigenza di una supervisione tecnica sul caso, finalizzata a coadiuvare gli operatori su aspetti sociali, psico-pedagici, giuridici, giudiziari.
Oggi purtroppo questa buona prassi è scarsamente diffusa, sia per la mancanza di una adeguata “cultura della supervisione” che per l’assenza di specifici obblighi normativi (solo le Marche e la Lombardia ne prevedono l'obbligatorietà).
Alcune esperienze mostrano che la supervisione tecnica dei casi può essere realizzata anche tramite la modalità del confronto periodico tra le Comunità che operano nel medesimo territorio.
SI PROPONE l'inserimento, negli standard minimi nazionali, dell'obbligo di supervisione "psico-emotiva degli operatori" delle comunità e di "supervisione tecnica dei casi", precisando:
• le finalità e l'oggetto della supervisione;
• le principali modalità di svolgimento (ad esempio: frequenza mensile; ...);
• i requisiti di cui devono essere in possesso i supervisori (ad esempio: comprovata competenza ed esperienza almeno decennale nel campo socio-psico-pedagogico; specializzazione nel settore della protezione e della cura dell’infanzia e dell’adolescenza; collocazione esterna dei supervisori rispetto alla dotazione organica della comunità; ...).