In base agli ultimi dati pubblicati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (1) la durata degli affidamenti familiari supera i due anni nel 48% dei casi (e di questi, più della metà, dura oltre i 4 anni).
Sulla questione il Tavolo Nazionale Affido è intervenuto più volte. Nel 2010 chiedendo che fossero definite le «condizioni per il contenimento della durata degli affidi e per un corretto e consapevole ricorso agli affidamenti di lungo periodo» (2). Nel 2012, ribadendo: «a) che l’obiettivo prioritario dell’affido è garantire il benessere del minore dandogli la possibilità di crescere in una famiglia; b) che l’esito dell’affido dovrebbe essere il rientro del bambino nella sua famiglia di origine; c) che, tuttavia, un affidamento non può essere giudicato riuscito o meno solo in base alla sua durata e all’effettivo rientro del bambino nella sua famiglia di origine». Il Tavolo Nazionale Affido ha inoltre sottolineato che: «l’attuale normativa non pregiudica la possibilità di affidi a lungo termine: sono molti i casi in cui i genitori al di là dei sostegni non sono in grado di provvedere da soli alla crescita del minore, pur non ricorrendo gli estremi per la dichiarazione di adottabilità. È tuttavia da stigmatizzare il fatto che in molti casi l’affidamento si prolunga per (…) la mancata messa a disposizione delle famiglie in difficoltà di aiuti non solo economici e assistenziali, ma anche di quelli che afferiscono alla casa, al lavoro, all’affiancamento amicale. In tal senso il realizzarsi di affidamenti di lunga durata, anche se adeguati e necessari in taluni specifici casi, non può essere considerato la normalità e deve essere sempre sostenuto da specifici progetti monitorati con regolarità» (3).
Il Tavolo si inserisce dunque nell’ampio solco scientifico e dottrinale che rifiutando il concetto di temporaneità assoluta dell’affido prende in considerazione le cd. situazioni di “semi-abbandono permanente”. Di questa prospettiva si parla da decenni. Risale al 1983 il significativo intervento di Paolo Vercellone, allora presidente del Tribunale per i Minorenni di Torino: «Dovunque, lo strumento dell’affido familiare è stato ritenuto prezioso in queste situazioni in cui bambini e adolescenti possono crescere bene nella famiglia affidataria, mantenendo contatti significativi con i propri genitori naturali, sprovveduti sì, ma non inesistenti» (4). Di medesimo segno anche quanto nel 2002 affermava Francesca Ichino Pellizzi parlando di: «genitori incapaci di organizzarsi e di organizzare una famiglia, ma non a tal punto da giustificare il provvedimento estremo dell’adozione» (5). Sintoniche anche le dichiarazioni del CNCA che ha inteso l’affido a lungo termine come una «forma di affido con identità specifica. Non un affido “sbagliato”, mal riuscito» (6). Il documento del Tavolo sembra invece escludere i cd. “sine die”, cioè quegli affidamenti senza scadenza, che gli articoli 330 e 333 del Codice Civile permettono, e che hanno invece trovato positiva accettazione (seppur entro certi limiti e condizioni) in un documento pubblicato dal CNSA – Coordinamento Nazionale dei Servizi Affidi nel 2002 il quale li ha dichiarati “utili” (in particolar modo per gli adolescenti), “realistici” (a fronte di situazioni in cui la famiglia non sarà mai in grado di assumere in toto le responsabilità genitoriali) e “inevitabili” (a fronte dei vari casi di impossibilità a procedere con l’adozione) (7) . Di segno completamente opposto invece il Manifesto sull’affido diffuso dall’Ai.Bi. a fine 2012, nel quale si propone di «limitare per legge la durata degli affidi a massimo 2 anni, rinnovabili una sola volta e solo per gravi motivi (totale massimo 4 anni)» (8).
(1) Indagine “Bambine e bambini allontanati dalla famiglia d’origine. Affidamenti familiari e collocamenti in comunità” (dati al 31.12.2010) presentata dal Ministero delle Lavoro e delle Politiche Sociali il 22 marzo 2012.
(2) Punto 9 del documento “Dieci punti per rilanciare l’affidamento familiare in Italia”.
(3) Tavolo Nazionale Affido “La tutela della continuità degli affetti dei minori in affido”, del 28 giugno 2012, disponibile alla pagina “documenti” del sito http://www.tavolonazionaleaffido.it
(4) Vercellone P., Disciplina dell’adozione e dell’affidamento familiare. Prime osservazioni, in «Giurisprudenza italiana», 1983, parte IV.
(5) Francesca Ichino Pellizzi, Alcune riflessioni in merito alla legge 149/01 sull’affidamento familiare, Quaderno 24 del Centro Nazionale di Documentazione ed Analisi sull’Infanzia e l’Adolescenza, 2002.
(6) CNCA – Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza. Intervento di Liviana Marelli “Affidamenti familiari a lungo termine: a quali condizioni” al Convegno nazionale Adozione e affidamento familiare a lungo termine. riflessioni e proposte “dalla parte dei minori”, organizzato dall’ANFAA, Torino, 2009.
(7) CNSA – Coordinamento Nazionale Servizi Affidi, Affido Sine Die, 2002.
(8) Ai.Bi. – Amici dei bambini, Manifesto per una nuova legge sull’Accoglienza Familiare Temporanea, 2012.
SPUNTI PER IL CONFRONTO
Gli affidamenti familiari di lunga durata si fondano sulla convinzione che in taluni casi vi sono minori che non possono vivere con la famiglia biologica ma che non possono neanche perderla del tutto. La presenza prolungata e definitiva nella famiglia affidataria pone il tema della “doppia appartenenza”. Quali le ripercussioni sull’identità filiale del minore? E quali sul suo percorso di crescita? Quali i supporti da offrire al minore, agli affidatari e alla famiglia di origine?
Il tema degli affidamenti di lunga durata evidenzia inoltre la necessità di individuare i parametri per la definizione dello stato di semi-abbandono permanente. Analoga esigenza di “oggettività” è presente nel più ampio tema della prognosi di recuperabilità / irrecuperabilità delle competenze genitoriali (e quindi di transitorietà / non transitorietà delle situazioni di abbandono morale e materiale). Quali le considerazioni psico-sociali? E quali le questioni legislative e giurisprudenziali?
Affidamenti di lunga durata e affidamenti sine die. Quali le effettive differenze? Quali i rischi e quali i vantaggi?