5. ADOZIONE MITE O AFFIDI APERTI?

Affidamenti di lunga durata e affidamenti sine die; distinzione tra affido e adozione, adozione in casi particolari e adozione mite; l’asincronia tra i tempi-procedura della giustizia e i tempi-vissuto dei bambini; aspetti psico-sociali e giuridici della prognosi di non transitorietà delle situazioni di abbandono morale e materiale.

ESPERTI COINVOLTI: Piero Avallone, Tribunale per i minorenni di Napoli; Gilda Biffa, Tribunale per i minorenni di Roma; Cristina Riccardi, Associazione Ai.Bi. – Amici dei Bambini; Alda Vanoni, Associazione Famiglie per l’Accoglienza; Donata Nova Micucci, ANFAA - Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie; Mariano Iavarone, Associazione Progetto Famiglia Napoli; ...

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5. ADOZIONE MITE O AFFIDI APERTI?

Messaggioda Progetto Famiglia, coordinamento del FORUM AFFIDO online » 09/03/2013, 6:13

Il documento di Progetto Famiglia prosegue nella riflessione chiedendosi «a chi proporre gli affidamenti ad esito incerto?». Vengono proposti due criteri da utilizzare nella scelta:
- la verifica dei requisiti: è opportuno che queste famiglie siano in possesso dei requisiti per l’adozione. Diversamente si aprirebbe un pericoloso varco tra affido e adozione.
- la verifica della motivazione: a differenza dell’affidamento a rischio giuridico (e a differenza di quanto propone il “modello” dell’adozione mite, che “pesca” le famiglie dalle liste di attesa per l’adozione) in questo caso occorrerebbe verificare la presenza di una motivazione preminentemente affidataria. Dovrebbe cioè trattarsi di famiglie che non nascono come “aspiranti adottive” perché non è questa la prima e principale richiesta che viene loro rivolta. Riteniamo, a tale proposito, che non basterebbe la sola partecipazione ad un corso di formazione o il semplice essere iscritti nell’elenco comunale delle famiglie affidatarie; questi sono aspetti importanti ma che da soli non costituirebbero sufficienti livelli di garanzia. Sarebbe invece necessario un percorso di approfondita conoscenza della famiglia da parte degli operatori pubblici, fatto di colloqui che di “osservazione in opera”. Assai utile sarebbe inoltre il ricorso ad alcuni indicatori “oggettivi” quali la presenza di figli propri, l’aver vissuto positivamente una o più esperienze di affidamenti “integrativi”, la partecipazione prolungata a percorsi di gruppo e di condivisione con altri affidatari. Si tratta insomma di famiglie che inizialmente sono inserite negli elenchi degli affidatari tenuti dai servizi sociali e che solo successivamente “finiscono” anche in quelli per l’adozione curati dai tribunali.
Proseguendo su questa linea si potrebbe addirittura arrivare a distinguere due sezioni all’interno delle banche dati degli affidatari, una tenuta dai servizi sociali, l’altra co-gestita da servizi e tribunali:
- la sezione degli “affidatari ordinari”, deputata agli affidi integrativi e di breve durata, aperta anche ai single ed alle famiglie idonee all’affidamento ma non all’adozione;
- la sezione degli “affidatari aperti” (o “affidatari forti” [in contrapposizione al concetto di “adottanti miti”] o come altro li si vuole chiamare), deputata agli affidi ad esito incerto, aperta alle sole famiglie idonee e disponibili all’adozione e con motivazione all’affido “controllata e garantita”.

SPUNTI PER IL CONFRONTO
Il Tavolo Nazionale Affido nel citato documento sulla continuità degli affetti dichiara «altamente raccomandabile nei casi in cui l’affidamento del minore si prospetti … ad esito incerto, una particolare cautela nella scelta della famiglia affidataria (ad esempio orientandosi verso famiglie con figli e con pregresse esperienze di affido) in virtù del maggiore bisogno di esperienza e chiarezza di motivazioni che queste situazioni richiedono in vista del preminente interesse del minore». Condividiamo questa linea?
È possibile/opportuno parlare in tali casi di “affido aperto”? Potrebbe essere una buona pratica o è, invece, una deriva da evitare?
Se "buona", quali sono le differenze con l’adozione mite e con le tante perplessità che la accompagnano?

Le zone di confine tra affido e adozione pongono in risalto il discorso della “sostenibilità tecnica” degli interventi. Non è escluso che, a causa delle difficoltà in cui versa il sistema dei servizi sociali, un modello astrattamente valido possa produrre, in fase di attuazione, sconquassi peggiori di quelli a cui tenta di porre rimedio.
Quali le condizioni minime per permettere una adeguata gestione di questi percorsi?
È corretto ritenere che essi possano essere applicati solo nei cd. centri di eccellenza?

La progettazione individualizzata degli interventi di tutela minorile dovrebbe sempre basarsi sulla valutazione delle capacità genitoriali, e di conseguenza sulla valutazione della recuperabilità della famiglia di origine. Recuperabilità che, ove assente, dovrebbe far orientare l’intervento verso una famiglia sostitutiva (e quindi verso l’adozione) piuttosto che verso un affido. L’attuale tendenza vede i servizi socio-sanitari impegnarsi nella valutazione delle competenze genitoriali solo allorquando - dopo alcuni mesi dalla segnalazione - viene aperto un procedimento giudiziario sulla potestà genitoriale e, quindi, solo su autorizzazione del giudice minorile (affinché possano operare anche in assenza della volontà dei genitori). Tutto questo fa sì che, per quella parte di allontanamenti per i quali non si possono attendere i tempi lunghi dell’avvio del procedimento giudiziario, l’accoglienza venga avviata senza il conforto di una vera a propria valutazione e quindi senza un vero e proprio progetto, con grave rischio di errori e di “cambi di scena” in corso d’opera.
Sono possibili delle alternative?
E’ possibile pensare, ad esempio, a specifici protocolli di intesa tra organi giudiziari e servizi sociosanitari, grazie ai quali il giudice possa autorizzarli in tempi più brevi?
Ad esempio a canali di “avvio rapido” della valutazione delle competenze genitoriali per quegli affidi che già alla nascita vengono mostrano un “esito incerto”?
Progetto Famiglia, coordinamento del FORUM AFFIDO online
 
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Re: 5. ADOZIONE MITE O AFFIDI APERTI?

Messaggioda stefania piras » 21/03/2013, 9:00

Alcuni programmi sperimentali di tutoraggio familiare, di adozione del nascente nucleo, creano i presupposti per un'attenta verifica delle situazioni di rischio
e delle possibilità di proporre azioni supportive per l'acquisizione di capacità genitoriali, spezzando la nefasta riproposizione di eredità negative tra generazioni.
Purtroppo sulla prevenzione sistematica s'investe in maniera discontinua.
stefania piras
 
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Re: 5. ADOZIONE MITE O AFFIDI APERTI?

Messaggioda Pierangela Rocchi » 16/05/2013, 19:38

Credo che sia rischioso e fallimentare perdersi nei nomi e nel voler cercare sempre degli schemi e definizioni. A mio parere l esperienza ci insegna sempre che i progetti più riusciti sono quelli che partono dalle esigenze del minore, e non nel voler inserire lui in uno schema. Le situazioni sono sempre così complesse, inoltre sia nell affido che nell adozione, ci sono anche vissuti esperienze e difficoltà di quest ultimi che non sempre ci permettono di scegliere così chiaramente a priori, a volte ci dobbiamo solo rassegnare a fare il meglio per quello che possiamo per quella situazione.
Pierangela Rocchi
 
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