1. AFFIDO, INTERVENTO PREVENTIVO O TARDO-RIPARATIVO?

La dimensione preventiva dell’affido; l’accoglienza familiare diurna, il tutoraggio scolastico, l’animazione familiare, …; i percorsi di inclusione sociale delle famiglie e le sperimentazioni nel campo della prevenzione degli allontanamenti e del “potenziamento” delle capacità genitoriali (progetto P.I.P.P.I. ed altri).

ESPERTI COINVOLTI: Ombretta Zanon, Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Padova; Marianna Giordano, CISMAI Campania; Maria Claudia Paraguai, Centro Studi Sociali sull’Infanzia e l’Adolescenza di Scerne di Pineto (TE); Pilar Columbu, coordinamento UBI Minor Toscana; Maririna Tuccinardi, area welfare ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani; ...

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1. AFFIDO, INTERVENTO PREVENTIVO O TARDO-RIPARATIVO?

Messaggioda Progetto Famiglia, coordinamento del FORUM AFFIDO online » 09/03/2013, 2:41

L’impianto complessivo della legge 184/83, ed in particolare le modifiche introdotte nel 2001 dalla legge 149, concepiscono l’affidamento familiare innanzitutto come un intervento di prevenzione del disagio minorile e familiare, basato sul consenso dei genitori, e “solo in seconda battuta” come un intervento coercitivo messo in atto dal Tribunale per i minorenni.
Di segno contrario appaiono invece i dati messi in evidenza dalle “prime risultanze” della recente indagine del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (diffusi nel novembre 2012) i quali presentano la tendenza a realizzare gli interventi di accoglienza con una modalità tardo-riparativa, limitata a “tamponare” le situazioni di grave crisi familiare e a “mettere in sicurezza” i bambini mediante provvedimenti d’urgenza (nel 26%, con punto oltre il 35% in alcune Regioni). I dati mettono in evidenza anche la marcata incidenza degli affidamenti giudiziali (69% del totale, che diventa il 79% se analizziamo i soli affidamenti etero-familiari), disposti in via coatta dai Tribunali per i minorenni, segno della forte difficoltà a lavorare sul “consenso” dei genitori in difficoltà.
Ne consegue che l’affidamento familiare acquisisce caratteristiche:
- specialistico-terapeutiche: sia perché l’importanza del disagio (o addirittura del danno) subito dal minore spesso è tale da richiedere intensi interventi da parte di professionisti esperti, sia perché la stessa famiglia affidataria, non potendo nel più dei casi investire sul rapporto con la famiglia naturale (in quanto questa è contraria all’affido), finisce con il perdere di vista il contesto comunitario di origine del minore e con il diventare una sorta di “specialista dell’accoglienza dei bambini”;
- legal-burocratiche: la presenza di disposizioni giudiziali cui attenersi, la non rara contrazione della potestà genitoriale, il bisogno di valutare il tenore e gli esiti del percorso di recupero dei familiari del bambino, la frequente ostilità verso l’affido che si sviluppa nella famiglia di origine, accentuano inevitabilmente la funzione di vigilanza svolta dagli operatori, in un meccanismo che finisce con l’avere caratteristiche più di controllo-verifica che di promozione-sostegno (e nel quale anche affidatari e associazioni familiari finiscono in un ruolo distorto, che oscilla tra l’essere co-controllati dai servizi e il porsi come co-controllori della famiglia naturale);
A queste condizioni l’affidamento familiare è destinato a non svilupparsi affatto. L’esperienza di trent’anni anni di affidamento familiare in Italia ci dice che, se poche sono le famiglie disponibili a impegnarsi in un percorso di affidamento giudiziale, addirittura rare sono quelle disposte a continuare a farlo dopo la prima (spesso estenuante) esperienza.

[b]SPUNTI PER IL CONFRONTO [/b]
A quali cause imputare lo scarso ricorso ad affidamenti consensuali? E l’altrettanto scarso sostegno preventivo alla genitorialità?
Perché spesso l’intervento sociale è solo successivo alla decisione del giudice minorile?
Perché una quota importante degli interventi sociali è d’urgenza (ex art. 403 del codice civile)?
Progetto Famiglia, coordinamento del FORUM AFFIDO online
 
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Re: 1. AFFIDO, INTERVENTO PREVENTIVO O TARDO-RIPARATIVO?

Messaggioda PILAR COLUMBU » 14/03/2013, 10:49

L'affidamento consensuale è la vera modalità di affido. Deve essere preceduto da un grosso lavoro del Servizio che deve conquistare la fiducia della famiglia inviante.La famiglia deve percepire l'ass sociale come suo alleato nel progetto per la soluzione dei problemi dei quali deve ovviamente essere consapevole. Non è un lavoro semplice e richiede investimento di tempo (quindi risorse) e di formazione. Attivare un consensuale è preventivo al deteriorarsi di situzioni che in fase riparativa possono costare assai di più.
Normalmente i Servizi Sociali si muovono più volentieri se precettati dal giudice, che poi risulta il vero responsabile del procedimento. Il mio dubbio è sempre: ma il bambino da cosa è meglio tutelato?
Perché il consensuale non è il primo obiettivo di prevenzione (ovviamente nei casi in cui si vedono grosse difficoltà alla permanenza in famiglia del bambino)?
Mi sembra che ci sia anche un problema di tutela dell'assistente sociale; forse dobbiamo ripensare il servizio. Ho sentito spesso che l'ass sociale poi è sola. La famiglia inviante soffre necessariamente per una inevitabile svalutazione dovuta all'allontaneamento del bambino. Ci vuole un lavoro profesionale serio, capace di motivare al cambiamento, di dare fiducia del cambiamento, di far intravvedere la conclusione del percorso. Non sarà sempre possibile, ma penso che occorra fare il massimo sforzo per ottenerlo.
Credo anche che l'affido debba essere pensato come ultima istanza dopo una serie di interventi molto importanti da reinventare o ricostruire. La Famiglia Vicina, Famiglia Aiuta Famiglia, Part time leggeri, anche solo per il fine settimana, Spazi liberi di incontro e gioco dove le mamme o i babbi si incontrano con i bambini e scambiano esperienze, Incontri attraverso la scuola che sfociano in merenda o compiti insieme
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Re: 1. AFFIDO, INTERVENTO PREVENTIVO O TARDO-RIPARATIVO?

Messaggioda FRANCESCA SCARIATI » 16/03/2013, 23:54

Per lo sviluppo dell'affido consensuale credo sia importante lavorare sullo sviluppo dei legami di quartiere, di territorio, di comunità, affinchè la famiglia che ha bisogno di sostegno sia inserita in una rete feriale di socialità ed entri in relazione con coloro che possono fornirle un appoggio educativo prima che si sviluppi l'affido.
Il lavoro preventivo di sostegno alla genitorialità spesso è reso difficile dalla presenza nei servizi di un numero esiguo di operatori e di specifiche professionalità il che non rende sempre possibile realizzare prese in carico "sufficientemente buone". La famiglia in difficoltà educative in tali condzioni giunge, pertanto, spesso ad un limite che rende inevitabile l'intervento dell'autorità giudiziaria minorile.
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Re: 1. AFFIDO, INTERVENTO PREVENTIVO O TARDO-RIPARATIVO?

Messaggioda Maddalena Salvio » 20/03/2013, 12:15

Credo sia necessario un forte lavoro sinergico di rete tra servizi sociali ed istituzioni per creare una cultura dell'affido e per sostenere le famiglie affidatarie. Le famiglie devono potersi "fidare" dei servizi e ricevere tutti gli aiuti necessari affinchè il loro compito sia riconosciuto e possa portarle all'obiettivo finale, di tutela del loro ruolo e soprattutto del minore
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Re: 1. AFFIDO, INTERVENTO PREVENTIVO O TARDO-RIPARATIVO?

Messaggioda Ganio Mego Giuseppina » 22/03/2013, 16:14

Affido diurno “DARE UNA FAMIGLIA AD UN’ALTRA FAMIGLIA”


Oggi la famiglia sta attraversando molte difficoltà sia economiche che relazionali ed affettive. E’ in situazione di vulnerabilità.

La proposta, che ha come esempio concreto il progetto in oggetto attivo al Comune di Torino (delibera 200308933/019 esecutiva dal 23/11/03), cerca di offrire accompagnamento, prossimità, vicinanza alle famiglie in situazioni di difficoltà educative, prima che le difficoltà stesse si trasformino in disagio conclamato.

L’affido è realizzato da una famiglia solidale, a volte supportata da un’altra famiglia. Entrambe di rendono disponibili ad accompagnare e/o sostenere un’altra famiglia nella sua intierezza.

Lo scopo è quello di tenere la famiglia unita, di crearle attorno legami significativi e di sostenerla nell’assunzione delle proprie responsabilità educative e familiari.

I genitori per lo più soli, con famiglie parentali sovente distruttive, attraverso la vicinanza della famiglia solidale disponibile ad aiutare senza giudicare, sono incoraggiati verso l’autonomia, la tranquillità, la fiducia, l’assolvimento adeguato delle proprie responsabilità educative e familiari e capaci di una propria progettualità familiare.
Inoltre, i genitori che possono tenere i loro figli in casa, sono maggiormente disponibili ad accettare gli aiuti proposti e a mettersi in discussione. Mentre, l’allontanamento dei figli, anche solo con l’affido diurno tradizionale, pone i genitori sulla difensiva e poco disponibili ad ascoltare ed accogliere le proposte di aiuto che i servizi possono loro offrire.

I figli “respirano” attenzione, solidarietà, affetto nella famiglia che affianca la loro e vedono i loro genitori sostenuti ed apprezzati.

L’obiettivo di prevenire l’aggravamento e la cronicizzazione del disagio familiare e giovanile si può sperare di raggiungerlo solo se vi è la possibilità e la capacità di “vedere” con precocità le situazioni di difficoltà.

E’ questo uno strumento nuovo maggiormente rispondente ai bisogni emergenti nell’attuale società in continuo preoccupante cambiamento.

Il coinvolgimento della società civile, sia nell’osservazione della vulnerabilità familiare che nell’agire la solidarietà, rende attiva la comunità territoriale; aspetto sempre più necessario. Nella realizzazione del progetto, lo scambio di riflessioni, ha portato ad applicazioni della delibera meno rigide, pur restando valide le sue linee guida.

Per chiudere, propongo la lettera di una delle prime mamme coinvolte nel progetto. Le riflessioni spontanee mi sembra rendano meglio conto del percorso di aiuto.

Vorrei esprimere al meglio in poche righe le mie impressioni sull’esperienza vissuta in prima persona del progetto sperimentale “Dare una famiglia ad un’altra famiglia”.
Innanzitutto non posso che ringraziare le famiglie che mi sono state vicine in questo progetto e che hanno consentito a me ed ai miei bambini di affrontare momenti veramente difficili.
Tramite una di esse sono anche stata messa in contatto con l’Ufficio della Pastorale del Lavoro, grazie al quale ora ho un’occupazione. L’impegno e l’intervento di quest’ufficio è stato per me, come per altre persone, risolutivo.
L’aiuto delle due famiglie nella gestione quotidiana dei miei figli è fondamentale e mi consente di poter lavorare per provvedere al loro sostentamento senza privarli della loro famiglia.
Il successo di tale iniziativa è testimoniato dall’atteggiamento sereno e consono alla loro età dei miei bambini malgrado l’abbandono paterno.
A parer mio questo tipo di affidamento ha dei risvolti più umani e meno traumatici: aiuta una famiglia a mantenersi unita.
Il suo principio è legato al passato: la vita delle famiglie non era chiusa, c’era sempre una mamma disposta ad occuparsi dei figli di un’altra nella necessità.
Nel contempo si fonde con il concetto “moderno” e “civile” della responsabilità che tutta la società nel suo insieme ha verso tutti i bambini, non solo i nostri “biologici”.
Dell’infanzia siamo tutti responsabili come collettività.
Secondo me tutto ciò che non dimentica il passato e sa legarsi al futuro non può che portare positività nella vita dell’uomo.
Un aspetto fondamentale è inoltre il suo alto valore preventivo: certe situazioni familiari lasciate a se stesse sono destinate a degenerare sempre di più sfociando a volte in tragedie.
La mia esperienza è che progetti some questo non vengano abbandonati nell’interesse di tutti quei bambini che, loro malgrado, vivono situazioni difficili. Essi hanno comunque il diritto di vivere con la speranza di un domani sereno.
Grazie alle due famiglie!” (lettera firmata)


Di questa esperienza è disponibile un video che mettiamo molto volentieri a disposizione di chi vuole conoscere e promuovere questo progetto.




Giuseppina Ganio Mego


DIOCESI DI TORINO - Caritas - Ufficio Famiglia -
Ganio Mego Giuseppina
 
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Re: 1. AFFIDO, INTERVENTO PREVENTIVO O TARDO-RIPARATIVO?

Messaggioda Walter De Bastiani » 27/03/2013, 8:02

Creare una nuova situazione di affido è sempre una scelta dura che fa seguito a molte articolate riflessioni.
Il più delle volte, ai servizi sociali, arrivano delle segnalazioni riguardo a persone ormai in stato avanzato di disagio e mettere rimedio a queste situazioni qualche volta è un dramma. Parlo di realtà "incancrenite" che sono tali per colpa di persone che non ritengono di doversi occupare di queste cose demandando il problema ad altri (lo Stato, le Istituzioni e quant'altro di non meglio identificato).
Questo grosso problema, che è l'indifferenza delle persone, funge da autentico freno ad ogni buona iniziativa orientata ad aiutare un minore in difficoltà.
La soluzione, secondo noi dell'Ass. "Strada facendo" di Castelfranco Veneto, è rappresentata anche da un corretta e capillare sensibilizzazione su tutto il territorio volta alle persone più a stretto contatto con i minori (insegnanti ed educatori in generale).
Se solo riuscissimo a creare una rete di osservazione mirata al benessere del minore, si riuscirebbe ad evitare interventi "tardo-riparativi".
Walter De Bastiani
 
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AFFIDO, INTERVENTO PREVENTIVO O TARDO-RIPARATIVO?

Messaggioda CegliaADV » 02/04/2013, 16:08

Nella nostra esperienza, la decisione di procedere ad un affido eterofamiliare viene presa quasi sempre come ultimo drastico epilogo, spesso dopo anni di così detti "interventi tampone" che riescono ad incidere spesso non sufficientemente su situazioni di pregiudizio medio-grave. L'allonanamento del minore e l'inserimento in affido, viene deciso raramente in ottica preventiva. Come già evidenziato dai colleghi, lavorare preventivamente aiutando la famiglia a cogliere il vantaggio di un affido eterofamiliare o anche di una famiglia d'appoggio, richiede molte risorse di tempo ed energia, nonchè una rete di professionisti che lavora in sinergia per aiutare ciascuno a comprendere il proprio ruolo, nel cambiamento auspicato. Spesso si agisce invece con aiuti economici, educativi, centri diurni per cercare di preservare il più possibile la permanenza del minore con i propri genitori. Ovviamente questo è assolutamente auspicabile, sebbene a volte emerga che situazioni ormai degenerate, avrebbero invece beneficiato di un allonanamento momentaneo del minore, che avrebbe permesso ai genitori di recuperare margini nelle proprie competenze genitoriali, quando ancora era possibile. Probabilmente in questi casi un affido durerebbe davvero due anni e il rientro a casa avverrebbe in condizioni migliori.
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Re: 1. AFFIDO, INTERVENTO PREVENTIVO O TARDO-RIPARATIVO?

Messaggioda MARIANNA GIORDANO » 28/04/2013, 16:03

l'affido consensuale mi sembra pensabile quando investiamo autenticamente su una dimensione comunitaria; quando i genitori sono disponibili a riconoscere i problemi ed a farsi aiutare; quando si compie una valutazione approfondita sui problemi e si costruisce comunque un progetto articolato di supporto ai bambini ed ai genitori.
un nodo critico: come operatori spesso rinunciamo a lavorare per ingaggiare i genitori nel riconoscere i problemi e le sofferenze dei loro figli; spesso cerchiamo il consenso perchè ci fa fatica considerare come i genitori possono non essere disponibili a vedere i problemi ed a farsi aiutare; a volte ci illudiamo della consensualità e questo paralizza successivamente gli interventi perchè non si compie un valutazione dei problemi e quindi il progetto viene falsato.la valutazione dei genitori per individuare le risorse è indispensabile prima di ogni tipo di affido.
Anche gli affidi intrafamiliari, generalmente consensuali, sono spesso una trappola perchè una mancata conoscenza/valutazione della famiglia fa sì che i bambini divengano ostaggio di conflitti precedenti .. tanto che a volte l'affido si deve poi trasformare in giudiziale.
Un nodo critico è anche la difficoltà come famiglia farsi carico di famiglie e non solo dei bambini .. questo richiede un grande percorso culturale che in questo momento sembra tanto lontano.
MARIANNA GIORDANO
 
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