2. AFFIDO PREVENTIVO E LAVORO SUL CONSENSO

La dimensione preventiva dell’affido; l’accoglienza familiare diurna, il tutoraggio scolastico, l’animazione familiare, …; i percorsi di inclusione sociale delle famiglie e le sperimentazioni nel campo della prevenzione degli allontanamenti e del “potenziamento” delle capacità genitoriali (progetto P.I.P.P.I. ed altri).

ESPERTI COINVOLTI: Ombretta Zanon, Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Padova; Marianna Giordano, CISMAI Campania; Maria Claudia Paraguai, Centro Studi Sociali sull’Infanzia e l’Adolescenza di Scerne di Pineto (TE); Pilar Columbu, coordinamento UBI Minor Toscana; Maririna Tuccinardi, area welfare ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani; ...

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2. AFFIDO PREVENTIVO E LAVORO SUL CONSENSO

Messaggioda Progetto Famiglia, coordinamento del FORUM AFFIDO online » 09/03/2013, 2:40

Occorre giocare d’anticipo, agendo prima che i problemi s’incancreniscano, spostando l’asse dell’affidamento familiare verso una dimensione incentrata sul consenso della famiglie di origine, sulla collaborazione tra questa e la famiglia affidataria, … Insieme con l’ANFAA – Associazione Nazionale Famiglia Adottive e Affidatarie, ci sentiamo di poter affermare che «è un controsenso puntare sugli affidamenti difficili quando spesso non si promuovono e realizzano quelli normali» (1).
L’affidamento deve dunque acquisire sempre più caratteristiche di tipo:
- preventivo (anziché di cura), evitando l’esacerbarsi del disagio, a vantaggio del minore, della famiglia di origine e dell’intero sistema sociale;
- consensual-comunitario (anziché specialistico), in cui il punto di forza deve essere costituito dal senso di solidarietà e di vicinanza percepito dai genitori naturali e concretamente agito dagli affidatari, dalla comunità e dai servizi. Occorre sviluppare percorsi caratterizzati il più possibile dalla “normalità”, che agiscono su problematiche affrontabili da famiglie ordinarie (riducendo la quota percentuale di affidamenti percorribili solo da famiglie speciali – o, addirittura, specialiste);
- promozionale (anziché legal-burocratico), in cui il ruolo del servizio pubblico venga per lo più assorbito dalle azioni d’informazione e formazione delle famiglie, da interventi di animazione comunitaria e di sensibilizzazione, da un lavoro di «reticolazione comunitaria» (2) e di «community development» (3) che favorisca l’organizzazione di forme leggere di prossimità (quali quelle veicolate ad esempio dalle esperienze delle “banche del tempo”) e lo sviluppo di reti locali d’intervento (capaci di coinvolgere agenzie come la scuola, l’associazionismo, le parrocchie, …). Un ruolo che sempre più diviene di partnership piena con le realtà no-profit impegnate nel campo, nella consapevolezza che «ci vuole tutta una città per crescere un bambino»(4).

(1) Tonizzo F. (2008), Il ruolo degli affidatari nel progetto di affidamento, relazione al Convegno Affido. Legami per crescere. Realtà, esperienze e scenari futuri, Torino, 21-22 febbraio.
(2) Bartolomei A., Passera A.L. (2005), Manuale di servizio sociale professionale, Edizioni CieRre, Roma.
(3) Gui L., a cura di (2004), Le sfide teoriche del servizio sociale, Carocci, Roma.
(7) CNCA – Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (2000), Ci vuole tutta una città per far crescere un bambino, Edizioni Comunità, Roma.


SPUNTI PER IL CONFRONTO
Quali sono i fattori organizzativi e metodologici che permettono di realizzare affidamenti consensuali?
Quali sono gli elementi di complessità propri di un affidamento consensuale? Come gestire/prevenire eventuali difficoltà?
Progetto Famiglia, coordinamento del FORUM AFFIDO online
 
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