L’articolo 1 della legge 184/83 e ss.mm. afferma con chiarezza che prima di giungere all’allontanamento del minore dal suo nucleo familiare, occorre realizzare tutti gli interventi possibili di sostegno alla famiglia per permettere il superamento delle difficoltà senza interrompere la convivenza del figlio. Molto eloquente il primo comma: «il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia». Cosa si fa concretamente per tutelare tale diritto?
Uno degli indicatori che può offrire la misura della ridotta attenzione data a questo aspetto è il numero degli affidamenti diurni, espressione “ultima” (dal punto di vista logico e cronologico) dell’ampia scala dei possibili interventi di sostegno alla famiglia di origine, nel quale pur giungendo alla decisione di individuare “figure adulte integrative di quelle genitoriali”, si punta a far ciò senza allontanare il minore. Purtroppo la recente indagine del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali non ha affatto esplorato il mondo degli affidamenti diurni.
Infatti il principio dell’aiuto alla famiglia di origine, pur essendo sempre valido, per gli affidamenti residenziali è spesso (ed è una grave omissione) trascurato e messo in ombra dal preminente lavoro sul minore e sul contesto che lo accoglie, cioè sulla famiglia affidataria. Le “accoglienze” diurne, invece, caratterizzate dal quotidiano contatto del minore con le due famiglie - quella naturale e quella affidataria - richiedono necessariamente un significativo lavoro su entrambi i contesti familiari: un lavoro a favore del bambino, senza smettere di sostenere la famiglia di origine. Viene in soccorso un’indagine realizzata da Progetto Famiglia nella primavera del 2009 in Campania, la quale ha messo in luce che su 24 ambiti territoriali studiati (poco meno della metà del territorio regionale) solo 2 avevano attivato percorsi di affidamento diurno, cioè solo l’8% . Senza voler prendere la Campania a riferimento generale, certo occorre rilevare che in molti territori si passa direttamente dal “sostegno alla genitorialità” all’intervento di “allontanamento del minore”, saltando la preziosa forma intermedia degli affidamenti part-time. E questo nonostante che la quasi totalità dei regolamenti e delle linee di indirizzo regionali prevedano esplicitamente questa forma di intervento.
[b]SPUNTI PER IL CONFRONTO[/b]
Cosa blocca i servizi e gli operatori sociali nella promozione dell’affidamento part-time e delle altre forme di accoglienza familiare diurna (tutoraggio scolastico, animazione familiare, …)?
La realizzazione di affidi diurni, pur non comportando il trasferimento del minore presso gli affidatari, abbisogna ugualmente delle medesime attività di abbinamento e progettazione educativa individualizzata che si prevedono per gli affidamenti residenziali?
Quali i punti di forza e i fattori di rischio specifici degli affidamenti familiari part-time? Quali le esperienze e le buone prassi da portare all’attenzione generale? Come fronteggiare i rischi?