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4. INCLUSIONE SOCIALE DI FAMIGLIE CON DIFFICOLTÀ EDUCATIVE

MessaggioInviato: 09/03/2013, 2:28
da Progetto Famiglia, coordinamento del FORUM AFFIDO online
La lettura combinata degli articoli 1 e 2 della legge 184/83 mette in evidenza che l’allontanamento dei minori dal loro nucleo familiare è realizzabile soltanto dopo aver posto in essere interventi di sostegno e aiuto economico (art. 1, comma 2) e di ogni altro tipo (art. 1, comma 3) ed averne riscontrato l’inefficacia. Fanno eccezione a ciò i soli casi di “necessità ed urgenza” (art.2, comma 3). Secondo questi criteri le risultanze statistiche dovrebbero evidenziare una situazione a piramide, nella quale la fascia numericamente più nutrita dovrebbe essere quella del “sostegno alle famiglie a rischio” finalizzato alla prevenzione degli allontanamenti.
Sempre più forte è la consapevolezza di dover “cambiare registro”. Vari sono i segnali positivi. Se ne citano alcuni:
• la scelta della Regione Veneto di allargare il tema dell’accoglienza familiare, istituendo i CASF – Centri per l’affido e la solidarietà familiare, ciascuno dei quali: «si colloca in una dimensione di confine tra il mondo dei servizi e il territorio, la comunità locale. Mantiene sempre l’ottica della promozione del territorio, è attivatore di processi … mantiene alta un’idea ampia di accoglienza … il sostegno a progetti di prossimità … di vicinanza solidale» (1);
• la presenza, nelle recenti linee nazionali di indirizzo per l’affidamento familiare, che inquadrano i progetti di affido come dei paragrafi di più ampi “progetti quadro” di presa in carico dell’intero nucleo familiare;
• il programma P.I.P.P.I. (Programma di Intervento per la prevenzione dell’istituzionalizzazione) promosso dal Mistero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il supporto tecnico del LABRIEF (Laboratorio di ricerca e intervento in educazione familiare) dell’Università degli Studi di Padova, il quale prevede interventi intensivi su 100 nuclei familiari (di 10 diverse città d’Italia) e mira ad «individuare, sperimentare, monitorare, valutare e codificare un approccio intensivo, continuo, flessibile, ma allo stesso tempo strutturato, di presa in carico del nucleo familiare, capace di ridurre significativamente i rischi di allontanamento del bambino o del ragazzo dalla famiglia di origine e/o di rendere l'allontanamento, quando necessario, un'azione fortemente limitata nel tempo facilitando i processi di riunificazione familiare» (2).
La grande varietà dei disagi e delle difficoltà di cui le famiglie sono portatrici chiede che gli operatori sociali sappiano essere come di “buoni artigiani” di Mills, i quali scelgono «di volta in volta quale procedimento seguire» (3).

(1) Regione Veneto (2008), Le linee guida 2008 per i servizi sociali e sociosanitari. L’affidamento in veneto. Cultura, orientamenti, responsabilità e buone pratiche per la gestione dei processi di affidamento familiare.
(2) Citazione tratta dalle diapositive di presentazione del programma “PIPPI”, presentate dalla prof.ssa Paola Milani nell’autunno 2012.
(3) Mills C.W. (1959), The Sociological Immagination, Oxford University Press, New York.

SPUNTI PER IL CONFRONTO
Famiglie di supporto, Buon vicinato, solidarietà di quartiere, banche del tempo della solidarietà familiare … queste e molte altre le “nuove formule” sperimentate in questi anni. Quali i punti di forza e di debolezza riscontrati?
In quale misura, a quali condizioni e con quali interventi è possibile “potenziare le competenze genitoriali” delle famiglie con serie difficoltà educative?

Re: 4. INCLUSIONE SOCIALE DI FAMIGLIE CON DIFFICOLTÀ EDUCATI

MessaggioInviato: 23/04/2013, 12:21
da Ganio Mego Giuseppina
Partecipo da parecchi anni, a nome degli uffici diocesani Famiglia e Caritas, ai tavoli di lavoro sull’affidamento familiare e l’adozione del Comune di Torino, della Provincia di Torino e della Regione Piemonte.
Vengo quindi a conoscere come ai servizi arrivino sempre più situazioni familiari con difficoltà gravi e complesse per le quali è difficile dare un aiuto adeguato.
La situazione denunciata dai Servizi Sociali ci fa notare come vi siano molte famiglie schiacciate dalla solitudine e disorientate di fronte alle difficoltà quotidiane.
In molti servizi si sta sperimentando una forma di affidamento che affianca una famiglia ad un’altra famiglia che ha dei problemi. Questo tipo di sostegno si rivela sovente efficace e soprattutto preventivo di disagio più conclamato.

Desidero presentarvi due testimonianze che fanno riferimento al Comune di Torino:

Mamma di 2 bambini. Il marito scompare lasciando la moglie con debiti e minacce da parte di alcuni creditori.
Il figlio maggiore di 3° elementare a catechismo racconta che il papà non c’è più e la mamma piange sempre. La catechista, il pomeriggio successivo, va a trovare la famigliola. Suona ripetutamente, ma non ottiene risposta. Sente le voci dei bambini, insiste... dopo qualche tempo la madre apre.
Abbraccia la catechista: “grazie di essere qui, ero proprio disperata”.
La catechista accompagna la signora ai servizi sociali. In accordo con l’assistente sociale, attraverso il progetto “Dare una famiglia ad un’altra famiglia”, le stanno vicino, l’aiutano, la sostengono.
L’applicazione del progetto su citato restituisce a questa mamma e ai suoi due figli la vita, ridà la speranza e la forza per continuare a vivere con le proprie forze in modo dignitoso.

Mamma nigeriana. Lavora con una Cooperativa. La figlia ha 18 mesi e frequenta il nido dello stesso quartiere dove lavora la mamma.
Purtroppo la mamma ha un orario non regolare. Due o tre giorni alla settimana esce dal lavoro alle 19.30, ma il nido chiude alle 17,30.
Un’altra mamma la sente parlare di questo problema e si offre di tenerle la bimba nei giorni con orario lungo. L’educatrice del nido che sente la disponibilità, mette le due mamme in contatto con l’assistente sociale che a suo tempo aveva fatto la segnalazione al nido. Viene così avviato il progetto “Dare una famiglia ad un’altra famiglia”. Progetto estremamente utile in quanto la donna è in gravi difficoltà relazionali col padre della figlia.
La mamma nigeriana è ora serena. Sa che può contare,oltre che sui servizi, anche su una famiglia, quella che si è offerta di aiutarla: le tiene la bimba, l’aiuta nelle sue difficoltà, ascolta le sue preoccupazioni.... Si sente meno sola, in questo paese che ora le sembra un po’ meno straniero.

L’esperienza, come dimostrano le due storie presentate, ci dice che le famiglie sostenute precocemente attraverso un rapporto di fraternità e di vicinanza, riescono a superare le difficoltà senza cadere nel disagio grave.

Il progetto “Dare una famiglia ad un’altra famiglia” può essere avviato dai servizi sociali che conoscono le famiglie in difficoltà; ma anche essere avviato attraverso lo stimolo giunto dal territorio, così come le due storie dimostrano. La sensibilizzazione sul territorio a cogliere i primi segnali di disagio e la collaborazione tra servizi pubblici, volontariato e il semplice cittadino, possono divenire un buon strumento di prevenzione del disagio familiare.

Re: 4. INCLUSIONE SOCIALE DI FAMIGLIE CON DIFFICOLTÀ EDUCATI

MessaggioInviato: 23/04/2013, 20:10
da MARIAGRAZIA
Penso che sia importante l'inclusione sociale, nei tempi di oggi, soprattutto con queste difficoltà economiche, culturali ma particolarmente nel campo sociale; ci sono numerose famiglie con moltissime difficoltà e problemi educativi ma anche nel campo relazionale. Ci vogliono strumenti adatti per far superare queste difficoltà, a volte può sembrare facile ma non lo è , dobbiamo ricordare che ognuno di noi è DIVERSO dall'altro, e quindi, dobbiamo accettare per quello che si è.......

Re: 4. INCLUSIONE SOCIALE DI FAMIGLIE CON DIFFICOLTÀ EDUCATI

MessaggioInviato: 13/05/2013, 14:12
da paola forzoni
Trovo eccellente l’idea che fra famiglie sia possibile darsi aiuto, specialmente nella prospettiva di prevenire l’allontanamento dei bambini dai loro genitori, ma nello stesso tempo mi domando se sia possibile andare in questa direzione senza un contributo importante di promozione e sostegno da parte dei servizi sociali. Dal mio punto di osservazione, in Toscana, sembrano forse più che altro sogni, o utopie. Grazie comunque per far sapere che da qualche parte si cerca e si cerca ancora di prevenire piuttosto che di curare.