Tutela della maternità nella gestazione, parto, puerperio

Tutela della maternità nella gestazione, parto, puerperio

Messaggioda Enrico Masini » 02/05/2016, 8:43

Di Enrico Masini*

L’art. 31 della nostra Costituzione prevede la protezione della maternità. L’art. 37 prevede condizioni di lavoro che consentano l’adempimento della sua essenziale funzione famigliare assicurando alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
A che punto siamo? Quali criticità e quali prospettive?
Lo stato di gravidanza coincide con l’impossibilità di trovare un lavoro, con la certezza di perderlo se a tempo determinato. Con il lavoro non si perde solo lo stipendio ma anche la maggior parte delle provvidenze economiche.
Perché non riconoscere il ruolo di madre in questo stato di particolare fragilità? Quella donna sta svolgendo un servizio fondamentale alla prosecuzione della nostra società. Perché non ricononscerlo almeno al pari di un lavoro garantendo un reddito minimo di 800 euro? Come diritto e non come elemosina.
Una gestante, oggi in Italia, difficilmente può cavarsela da sola.
Finire in strada è un attimo. Il rischio che il figlio venga tolto è una cruda realtà. «I soldi non ci sono, possiamo inserire in struttura solo il minore» ci sentiamo dire dai servizi sociali. Così la relazione madre-figlio rischia di essere spezzata. Soprattutto se la madre disoccupata è priva della residenza, lasciapassare per ogni provvidenza.
Un ruolo fondamentale spetta alla famiglia di origine, quando questa è carente entrano in gioco le comunità accoglienti. Realtà a cui sono chiesti requisiti stringenti, difficili da sostenere senza il sostegno delle istituzioni.
Eppure ancora qualche realtà osa fare accoglienze anche senza retta, con il solo sostegno dei donatori, in genere piccole donazioni che goccia a goccia sostengono provvidenzialmente la sfida di chi vi dona la vita.
L’accoglienza in Casa Famiglia ha come presupposto il fare famiglia insieme e come meta l’autonomia, senza un preciso limite temporale.
«Purtroppo sono passati i 90 giorni e non può più abortire. Siete disposti ad accoglierla gratuitamente per accompagnarla al parto in anonimato?»
«Certo ma non siamo un albergo - rispondiamo ai servizi sociali - si fa comunque una verifica della sua reale intenzione offrendole ogni alternativa possibile».
Per nostra esperienza ci sono spesso pressioni, talvolta ricatti che invitano le gestanti a scegliere il parto in anonimato. Da parte dei genitori se minorenne, delle istituzioni se disabile.
Diverse hanno cambiato idea e poi accolto il figlio fra coloro che sono passate dalle nostre Case Famiglia.
Quando inidonee sono in genere loro che spontaneamente lasciano il bambino quando ben accompagnate e supportate.
«Mettere al mondo mia figlia è stata la cosa più bella che ho fatto nella mia vita» sostiene M. Dopo aver tentato più volte l’aborto, ha portato a termine la gravidanza, ha poi consegnato la figlia alla Casa Famiglia in cui era accolta e da cui è poi andata in adozione.
Il rapporto con le proprie origini è importantissimo per una crestita equilibrata. E’ necessario quindi offrire alle madri che scelgono di non riconoscere il figlio di poter lasciare le proprie generalità ed eventualmente un messaggio di saluto al figlio così che un giorno si possano ritrovare se reciprocamente desiderato.

*Animatore generale Servizio Famiglia e Vita, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
Enrico Masini
 
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