da Fortunata D'agostino » 02/05/2014, 8:41
1)L'allontanamento di un ragazzo dalla famiglia di origine è sempre un evento traumatico, pur sussistendo le motivazioni che lo hanno determinato. Nella famiglia il bambino realizza, specie nei primi anni di vita la costruzione della propria identità la primaria soddisfazione al bisogno di sicurezza, sviluppa l'autostima e la capacità di essere autonomo e creativo, interiorizza i valori sociali e gli stili di vita tipici del proprio sistema sociale. la casa famiglia si propone di intervenire compensando le difficoltà della famiglia di origine, attraverso l'accoglienza in un ambiente di tipo familiare dove il minore può vivere in un clima di confronto e dialogo che permetta la ricostruzione di una vita normale mediante regole di convivenza, organizzazione della giornata, educazione, studio , gioco, sport. Un bambino , un ragazzo allontanato ha bisogno soprattutto di cura e punti di riferimento affettivi stabili,il turn over degli educatori può sconvolgere e di fatto può frammentare l' intervento di cura e presa in carico del bambino o ragazzo stesso.- Pertanto come riferimento pedagogico, riteniamo che il modello di casa famiglia con coppia residente sia da preferire in generale per tutte le fasce di età, in particolare per la fascia 0 - 13. Nella fase adolescenziale con un' identità parzialmente formata la comunità educativa potrebbe essere la risposta più adeguata, ad un ragazzo allontanato dalla propira famiglia d'origine, se si mantiene prioritario l'interesse dello stesso ed i suoi reali bisogni.
2)La casa famiglia dovrebbe caratterizzarsi come un luogo privilegiato delle relazioni. I bambini, i ragazzi accolti nella maggioranza dei casi, vengono da percorsi dove le carenze relazionali hanno segnato negativamente il loro percorso di crescita. La casa famiglia dovrebbe quindi riuscire a sanare queste carenze affettive e relazionali con presenze stabili ed affettivamente significative, lavorando ricostruendo e riabilitando dove è possibile la famiglia d'origine, e sempre nel rispetto delle loro storie. Non è semplice lavorare come casa famiglia tenendo conto delle emotività che entrano in gioco; chi vive tale esperienza sa che è fondamentale farsi supervisionare come educatori. Lo stare insieme con i ragazzi accolti significa sapersi appartenere con legami affettivi significativi per un pezzo di vita più o meno lungo. Anche le comunità di tipo familiare dovrebbero caratterizzarsi da questa appartenenza affettiva anche se con "maglie emotive" un poco più larghe.
3)Nel rispetto di quanto affermato nelle precedenti mie asserzioni, ritengo che una persona in formazione quale è un bambino dai 0 a 10 anni allontanato dalla famiglia di origine abbia bisogno, per poter crescere armonicamente di un ambiente che si ispiri ad una famiglia questo per poter avviare quel processo di identificazione sana in figure di riferimento che possano riabilitare quei legami familiari caratterizzati da carenze relazionali e deprivanti affettivamente. La casa famiglia con le sue caratteristiche familiari con i suoi tempi i suoi "riti" può rappresentare la risposta più adeguata
4)La casa famiglia dovrebbe caratterizzarsi come luogo privilegiato delle relazioni. I bambini, i ragazzi accolti nella maggioranza dei casi, vengono da percorsi dove le carenze relazionali hanno segnato negativamente il loro percorso di crescita. La casa famiglia dovrebbe quindi riuscire a sanare queste carenze affettive e relazionali con presenze stabili ed affettivamente significative, lavorando ricostruendo e riabilitando dove è possibile la famiglia d'origine, e sempre nel rispetto delle loro storie. Non è semplice lavorare come casa famiglia tenendo conto delle emotività che entrano in gioco; chi vive tale esperienza sa che è fondamentale farsi supervisionare come educatori. Lo stare insieme con i ragazzi accolti significa sapersi appartenere con legami affettivi significativi per un pezzo di vita più o meno lungo. Anche le comunità di tipo familiare dovrebbero caratterizzarsi da questa appartenenza affettiva anche se con "maglie emotive" un poco più larghe.
5) Nella nostra esperienza professionale ed umana, ci è capitato di incontrare bambini maltrattati intendendo per maltrattamento anche l'abuso sessuale. Ci siamo sempre chiesti,come coppia residente, insieme ai nostri educatori, se eravamo noi la risposta a quei bisogni specifici di cui è portatore un bambino maltrattato:atteggiamenti sessualizzati, adultizzati, seduttivi, di rottura, di poca aderenza con la realtà... E se stavamo forzando la stabilità degli altri bambini accolti, compreso i nostri figli. La psicologa che ci segue e supervisiona a livello emotivo ,ha sempre sostenuto che un bambino ha bisogno soprattutto di ritornare a fare il bambino. E che certi atteggiamenti non sono trasmissibili se non nella misura in cui si riproducono le condizioni e i fattori che hanno favorito di fatto quella data esperienza traumatizzante. La relazione significativa con adulti responsabili, la stabilità affettiva e normalizzante che una casa famiglia può offrire, modelli educativi coerenti e chiari sono di per se stessi già terapeutici. E' chiaro che non bisogna incorrere nel rischio di sentirsi onnipotenti e tuttologi. Per cui, con una buona rete di supporto tecnica all''esterno ed un contenitore affettivo e professionale adeguato, nel quale il bambino può fidarsi ed affidarsi, aiuta sicuramente ad elaborare vissuti difficili. I bambini maltrattati anche sessualmente , di cui abbiamo avuto esperienza, rientrano nella fascia di età tra i 6 ed i 13 anni. C'è da dire che per rete esterna di supporto intendiamo i centri specializzati sul maltrattamento e sull' abuso.